Pandemia da Covid19 – Anno Terzo

Risultati di una ricerca per nuove prospettive
per combattere le pandemie

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2022/01/29/covid-nature-scoperto-il-segreto-delle-forme-gravi_63d55fac-6b40-454d-a86c-632acd68222b.html

Nature,
scoperto il segreto delle forme gravi di Covid-19 – Biotech – ANSA.it

Novelli, il prossimo passo è studiare l’immunità naturale

Si alza il velo sul meccanismo all’origine delle forme gravi di
Covid-19: dopo mesi di caccia ai geni che aumentano la suscettibilità a
contrarre polmoniti aggressive, ora si è scoperto che un gruppo di geni,
presenti dal 15% al 20% di coloro che si ammalano in modo grave, è
specializzato nel distruggere l’unica molecola capace di costruire una barriera
contro l’infezione da SarsCoV2, ossia l’interferone. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature,
è la chiave per comprendere come mai in alcuni la malattia
scatena polmoniti aggressive, mentre altri restano asintomatici.
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Determinanti genetici
e immunologici umani della polmonite critica DA COVID-19 | Natura (nature.com)

Determinanti genetici e immunologici umani della polmonite
critica da COVID-19

Stiamo
fornendo una versione inedita di questo manoscritto per dare accesso anticipato
alle sue scoperte. Prima della pubblicazione finale, il manoscritto sarà
sottoposto a ulteriori modifiche. Si prega di notare che potrebbero essere
presenti errori che influiscono sul contenuto e si applicano tutte le
dichiarazioni di non responsabilità legali. Il testo:

L’infezione
da SARS-CoV-2 è benigna nella maggior parte degli individui, ma, in ˜10%
dei casi, innesca la polmonite ipossiemica COVID-19, che
diventa critica in˜3% dei casi. Il
conseguente rischio di morte (˜l’1%) raddoppia ogni cinque anni
dall’infanzia in poi ed è ˜1,5 volte maggiore negli uomini che nelle
donne. Quali sono i determinanti molecolari e cellulari della polmonite critica
DA COVID-19? Gli errori congeniti degli IFN di tipo I, inclusi i deficit
autosomici di TLR3 e TLR7 legati all’X, si riscontrano in ˜1-5% dei
pazienti con polmonite critica sotto i 60 anni e una percentuale inferiore nei
pazienti più anziani. Gli autoanticorpi preesistenti che neutralizzano
IFN-α, -β e/o -ω, che sono più comuni negli uomini che nelle
donne, si trovano in ˜Il 15-20% dei pazienti con polmonite
critica di età superiore ai 70 anni e una percentuale inferiore nei pazienti
più giovani. Pertanto, almeno il 15% dei casi di polmonite critica COVID-19 può
apparentemente essere spiegato. La produzione TLR3- e TLR7-dipendente di IFN di
tipo I da parte di cellule epiteliali respiratorie e cellule dendritiche
plasmacitoidi, rispettivamente, è essenziale per la difesa dell’ospite contro
SARS-CoV-2. In modi che possono dipendere dall’età e dal sesso,
un’insufficiente immunità IFN di tipo I nel tratto respiratorio durante i primi
giorni di infezione può spiegare la diffusione del virus, portando a
infiammazione polmonare e sistemica.

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Il risultato è il punto di arrivo della ricerca
iniziata nel 2020 dal gruppo internazionale coordinato da Jean-Laurent Casanova,
della Rockefeller University, in collaborazione con il consorzio Internazionale
di genetica ‘Covid Human Genetic Effort’ e al quale l’Italia partecipa con il
gruppo di Giuseppe Novelli, dell’Università di Roma Tor Vergata, e con Istituto
San Raffaele di Milano, Università di Brescia, Ospedale Bambino Gesù di Roma. “Stiamo
studiando le caratteristiche di chi si ammala in modo grave e i dati indicano
che la differenza, rispetto all’infezione, la fa l’ospite”, ha detto
Novelli all’ANSA. Nei geni legati alle forme gravi della malattia, alcuni dei
quali sono stati descritti nei mesi scorsi dallo stesso gruppo di ricerca, ce
ne sono alcuni che hanno a che fare con la cosiddetta l’immunità innata, ossia
con la capacità di ciascun individuo di difendersi dal virus e la cui scoperta
è stata 
premiata nel 2011 con il Nobel la Medicina a Bruce Beutler e Jules
Hoffmann. “Abbiamo dimostrato – ha detto ancora Novelli – che buona parte
dei malati gravi ha un difetto nella produzione dell’interferone”, ossia
non riesce a produrre o addirittura distrugge la molecola che gioca un ruolo
chiave contro la tempesta di citochine tipica delle forme gravi di Covid-19.
Questo accade perché non vengono prodotte le molecole-sensore che attivano i
recettori delle cellule immunitarie chiamati Tlr, che hanno il compito di
avvertire del pericolo. In sostanza, in chi contrae la forma grave di Covid-19,
il sistema immunitario non si attiva e non lancia alcun allarme, lasciando al
virus la strada completamente libera. Per Novelli “è una scoperta apre le
porte alla terapia personalizzata”, un obiettivo realizzabile soltanto
facendo lo screening genetico delle forme gravi. Contemporaneamente si possono
approfondire i segreti dell’immunità naturale e il prossimo passo dei
ricercatori potrebbe essere studiare gli individui super-immuni, ossia che non
contraggono l’infezione, o coloro che dopo essere contagiati restano asintomatici.
Studiare l’immunità naturale è importante anche per avere nuovi strumenti per contrastare
il virus, accanto all’immunità acquisita data dai vaccini. I ricercatori
rilevano infatti che “non è chiaro se i vaccini rimarranno efficaci a
lungo termine e se lo saranno anche contro eventuali nuove varianti del
virus”. 

—Fine documento—

 

diffuso a cura di www.insiemeinazione.com

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